Un blog per condividere pensieri, studi, riflessioni e racconti.
Francesco Mazzanti, laureato in Lettere all’Università di Bologna, Dakar e Mulhouse.
Enrico Mariani, laureato in Semiotica, mai ex-studente. Pratica teoria tra Ancona e Bologna.
Un blog per condividere pensieri, studi, riflessioni e racconti.
Francesco Mazzanti, laureato in Lettere all’Università di Bologna, Dakar e Mulhouse.
Enrico Mariani, laureato in Semiotica, mai ex-studente. Pratica teoria tra Ancona e Bologna.
A Macerata c’erano tutti. A cominciare da quelli che non c’erano.
Chi pensava che fossero sbagliati i tempi e aveva già chiamato i pompieri.
Chi dal freddo dei piani alti invita a restare a casa, a non soffiare sul fuoco. E – dimenticando le vittime – aveva fatto i propri calcoli, scegliendo di non esserci per non fare errori di posizionamento.
Chi – invece di incoraggiare l’affermazione di valori imprescindibili della Costituzione – alimentava la tensione e coglieva la palla al balzo: “ad impedire la manifestazione ci penseremo noi”. Nel frattempo “scrutava l’orizzonte” mettendo in una squallida relazione di presupposizione migrazione e razzismo, fornendo argomenti ai propri avversari politici.
Chi aveva paura del clima di paura, “però se il Comune chiude le scuole e sospende i trasporti, per prudenza si è portati a chiudere.” E allora si è barricato con le assi di legno, salvo poi pentirsene, perché “chi è stato aperto ha fatto grandi incassi” (sic).
Chi, appena letto dei cori sulle foibe, vi ha trovato il motivo della propria assenza. Ed è partito in automatico: gli antifascisti sono più fascisti dei fascisti, e tanto sono tutti uguali comunisti e fascisti, fascisti e antifascisti, rosso e nero, siete i soliti esaltati. Ma davvero, a fronte di una manifestazione con migliaia di persone, state riducendo tutto a questo?
Chi, forse i peggiori, invece di immedesimarsi nelle vittime si immedesimava nel carnefice, “perché non se ne può più”, “perché non sono razzista, ma”. E magari soppesava la gravità tra l’attentato e il caso di Pamela con spudorato cinismo, senza rispetto per nessuno, neanche per sé stesso.
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C’eravamo anche noi, in viaggio a Londra, con il cuore.
E quindi vogliamo raccontarvi due storie.
A Londra c’è Q., italiano, studente di legge. Ad un certo punto si è stufato, il diritto non fa per lui. Inizia a lavorare in cucina, il suo sogno. Per arrivare a lavoro ci mette un’ora. Giudica la qualità della vita a Londra bassa, ma è disposto a fare sacrifici per fare ciò che lo appassiona. Lavorare per vivere.
A Londra c’è G., spagnolo, laureato in un’Università privata. Ora abita e lavora nella City. Ha la segretaria personale. Capita che faccia turni di sette ore, durante i quali si scorda di mangiare e bere. Vivere per lavorare.
A Macerata c’erano anche loro, anche se magari non sanno neanche cosa sia successo. Q. e G. sono migranti economici. Probabilmente stavano bene anche a casa loro, oggi provano a realizzarsi altrove. Esattamente come molte delle persone che odiate, “perché sono stranieri e ci rubano il lavoro”. Il cinismo ci spinge a giudicare degni di essere qui solo i rifugiati, solo chi scappa da atrocità e guerre.
Così magari ci sentiamo anche buoni, caritatevoli.
Ci rivolgiamo a tutti, ma in particolare a chi si sente razzista, intollerante, magari si proclama fascista.
Guardiamo gli altri per quello che sono: uomini, persone – come volete – esseri umani. Un uomo non è la sua cultura, il suo lavoro, il suo status.
L’Altro è tutto ciò che è diverso da me, tutto ciò che sta fuori dal Noi. Ma pensiamoci: senza l’Altro, il Noi non avrebbe alcuna ragione di esistere. Abbiamo bisogno dell’Altro per poter definire il nostro mondo, per poterci dire: “Noi”. C’è chi l’Altro non vuole vederlo, via, fuori dai nostri confini. Nostri? Di chi? Dove inizia il Noi: la Nazione, la Regione, il Comune, la Casa, la Camera, Io. Io, da solo, nella mia camera, chiusa, al sicuro. Tutto resta fuori, tutto è spento. Davanti a chi sono Io? Ho continuamente bisogno dell’Altro per potermi dire Io. Iniziamo a invertire la rotta: l’Altro non è il nostro problema. Noi e l’Altro abbiamo gli stessi problemi. Siamo sulla stessa barca e, l’unica strada è darsi una mano a vicenda. Resistere all’imbarbarimento con la cooperazione.
A Macerata eravate bellissimi, finalmente. Tanti cuori per un’idea semplice: nessuno spazio per fascisti e razzisti. Le bolle dei social network sono straripate in un corteo gioioso e composito. La tensione si è sciolta e abbiamo fatto vedere CHI siamo, quali sono i nostri valori. Tanti, diversi, uguali, felici di condividere idee di umanità oltre gli ius, i confini e le nazioni. Noi che camminiamo verso ciò che è Altro da noi: le trasformazioni future.
Enrico Mariani