Da Muccia all’Alto Nera: scene di stra-ordinaria quotidianità

Le querce, che si trovano sopra la nostra piazzola, ci riparano dal sole già caldo della mattina. Alle nove siamo ancora nella tenda con il sacco a pelo. Moka preparata sul fornelletto e brioche del bar. Il programma di oggi prevede la visita all’azienda Varnelli. Località La Maddalena di Muccia. Alla reception ci dicono che non è possibile fare visite (a ottobre ci sarà una settimana aperta ai clienti), però possiamo acquistare i prodotti. All’ingresso, sotto la gigantografia della Sibilla, sono esposte delle bottiglie. Varnelli, Amaro della Sibilla, Tonico digestivo alle erbe, Dark chocolate, Caffè Moka («a qualcuno glie piace pure de più del Borghetti»), Fantasia Varnelli e, infine, l’Adesso. Da noi questo se chiama calzolaro e da voi? Calzolaroooo… È Donatella a farceli assaggiare fuori orario e alla fine ci decidiamo per l’Adesso. Lei è rimasta in paese, vive a Fiordimonte e voleva restare vicino al suo lavoro. La fabbrica infatti, seppur danneggiata, ha ripreso la produzione dopo solo 14 giorni dalle scosse. «Io, che c’ho avuto fortuna, dopo qualche giorno al mare, coi risparmi che c’avevo me so’ costruita una casetta con le ruote che ho messo proprio di fronte a casa. Ma chi non ce l’ha? Come fa?».

Vespa ha caldo. Borbotta sulla strada per Pievetorina, ci sta facendo un favore controvoglia. All’ingresso del paese, sulla sinistra, notiamo le Sae (Strutture abitative d’emergenza). È un reticolo di container con poco spazio tra una struttura e l’altra, blocco grigio sotto il sole cocente. Alcune sono abitate dagli operai che lavorano nei nuovi cantieri. Una signora ci dice che la maggior parte degli abitanti sono lontani dal paese.

Proseguiamo sulla strada prendendo la svolta per Gallano, una piccola frazione dove si trova l’azienda agricola dei Fratelli Angeli. La conosciamo grazie al lavoro svolto dall’associazione A20 di Ancona che in questi mesi ha sostenuto l’azienda e seguito la ricostruzione. Entrare nella rivendita è come entrare in una forma di pecorino: non resistiamo e ne acquistiamo una. Fuori, silenzio e montagna.

Nella strada verso Visso, Vespa entra in riserva, provando a spegnersi. Dai, lo troveremo un benzinaio a Visso! E infatti, all’ingresso della zona rossa, i militari ci dicono che il benzinaio più vicino sta a Muccia, bisogna tornare indietro. Quello di Castelsantangelo sul Nera, a soli 7 kilometri, è irraggiungibile: la strada tra Visso e Castelsantangelo è percorribile solo con il pass da residente, da lavoratore o per motivi validi, come la prenotazione ad un ristorante di Ussita o di Castelsantangelo. Non siamo così convinti che Vespa riesca a tornare indietro e con il pegno di una tessera sanitaria, otteniamo un pass-solobenzina. Mentre aspettiamo il verde del semaforo, Vespa si addormenta, troppo caldo per qualsiasi tipo di sforzo. Con una candela nuova, però, è come rigenerata e sfila sorridente di fronte ai militari, che ricambiano.
Vespa affronta la strada in quarta. La carreggiata non sembra poi così danneggiata, soprattutto rispetto alle strade percorribili che stiamo facendo questi giorni. Sul ciglio però si notano massi enormi. Dal benzinaio, guardando in alto, il paese ferito ci osserva mentre ascoltiamo l’acqua del fiume.

Ritorniamo verso Visso con l’idea di pranzare da Cappa, produttore del Villanello («il salame che non si affetta, ma si spalma»), che si trova nella frazione Villa Sant’Antonio. All’arrivo in paese Vespa si spegne. Oggi non ne vuole sapere, è stanca e ha una certa età. La lasciamo su un marciapiede all’ombra, a digerire il pieno. Aspettiamo Cappa, ultimo di tre generazioni a gestire il bar e la rivendita di salumi e formaggi, che, in questo momento, è sostituita da un furgone. In fondo prosciutti, frigo con pecorini, caciotte e salumi sottovuoto. Il bar è in funzione. Villanello e caffè. Di fronte, una chiesa è semidistrutta, una campana sembra staccarsi dal campanile.Dal tavolino accanto al nostro un anziano fissa la strada. Alfiooo, che fai, ce pensi?

Per il ritorno verso Fiastra Vespa è riposata, bastano due spedalate e apre gli occhi. Poco dopo è sulla strada di montagna che, passando per il santuario di Macereto e la frazione di Cupi, si ricollega a quella che porta al lago. Sulla sua sinistra un burrone apre la vista a un paesaggio vastissimo, serve mettere la seconda per goderselo al meglio. Il santuario è preceduto da un solenne viale di pini. Le cicale impazziscono e noi beviamo dalla fontana. Esiste forse un miglior luogo dove pregare? Cupi, invece, si presenta su una panchina. Un gruppo di anziani ci dice che qui la zona rossa non c’è. Il paese, a detta loro, non ha subito gli stessi danni di Visso. Fiori colorati sugli usci, una chiacchiera lontana, lo sbattere di una portiera che si chiude.
Va ricordato però, come leggiamo da Cronache maceratesi, che il paese è senz’acqua e si sta alimentando con una cisterna. Non basta più. Soprattutto per l’azienda agricola Il pastorello che fa fatica a dissetare più di mille pecore e venticinque bovini. Speriamo che la conduttura venga sistemata al più presto.

Torniamo verso il lago, oggi inizia il festival Terreinmoto e alle 18 c’è la presentazione del nuovo libro di Wolf Bukowski. A San Lorenzo ci fermiamo all’infopoint. Una signora anziana si avvicina. Per fortuna voi giovani, ce vole proprio in ‘sto periodo un po’ de allegria. Perché vedi, io vivo a Roma ma è qui che so’ nata. Mi fija, per dì, fa l’amore co’ quello del bar.

Francesco Mazzanti e Enrico Mariani

Dal Conero ai Sibillini

Partenza: mirabile opera di meccanica, Vespa dà anche prova di tutta la sua versatilità. Non le basta lo statuto d’icona culturale, a fianco di gente del calibro di Topolino o la pasta al pomodoro. Questa splendida quarantenne si è messa in testa di insegnare a tutti come caricare bagagli a profusione in quello spazio concesso da due portapacchi che, a guardarli bene, sono davvero piccoli. Sull’asfalto del luogo della partenza, all’inventario risultano uno zaino enorme, uno zaino, che sta per esplodere di cibarie e «robe che ce serve», un altro zaino che per fortuna non sta per esplodere, due sacchi a pelo, una tenda, due sedie pieghevoli, una gazzetta dello sport.
Niente, con Vespa è inutile provare a ragionare, il tempo di un panino col tonno e ci trascina appena svegli al primo test su strada, la temuta discesa di via Emilio Bianchi. Le ruote scivolano morbide dalla pendenza che si infrange bruscamente sul falso piano di via Trieste, Vespa attutisce e riassetta, la compressione dei bagagli fa il resto.

Scendiamo verso la marca Maceratese, Vespa 125 px, ssp solo strade provinciali, con il picco dei 70 orari. Direzione lago di Fiastra, campo base d’elezione del «giro dei Sibillini», che nasce da un’idea maturata durante l’anno, cioè andare e stare nelle zone colpite dal terremoto per vedere, conoscere, toccare con mano la situazione. Il viaggio, da Fiastra, ci porterà fino ad Amatrice, oltre i Sibillini. Una terra che Armando Nanni, amico e presidente di «Laga insieme» ci ha descritto come eterogenea al suo interno e divisa da differenze più o meno profonde, ma allo stesso tempo caratterizzata dal patrimonio culturale («materiale e immateriale») e da modi di vivere comuni.

Lungomare di Scossicci, proseguiamo verso la marca maceratese, il mare è una tavola, nonostante la leggera foschia, alla nostra destra compaiono già le sagome dell’Appennino.
Sosta a Porto Potenza Picena, prime occhiate incredule e divertite del barista.
‘Ndate su a pia’ l’aria fresca?
Vespa inizia a tossicchiare quando prendiamo la sp485, che da Civitanova va verso l’Umbria. Noi viaggiamo in direzione Tolentino. Piazza della Libertà, effetti del terremoto, forte odore d’anice, il portico ci fa ombra, sulle colonne dibattito tra gli “spazi autogestiti” dai partiti politici, si riparte.
Altra sosta sullo stradone in salita già dentro i Sibillini: è la strada che collega Caldarola al lago, Vespa fatica, i 120 kilometri si fanno sentire. Tossisce, arranca e così troviamo rifugio in una piazzola soleggiata. Le cicale sono in festa, incuranti. Anche noi, come Vespa, arranchiamo e i nostri discorsi risentono del calore assorbito durante il viaggio. Il traguardo però è vicino, si riparte. Lago di Fiastra.

Bagno rigenerante e calciomercato, Shick shock e Vecino vicino, Fantantonio Cassano imprigionato nella sua caricatura.
Basta poco per rimettere in funzione il nostro taxi personale. Direzione Pievebovigliana.
Poco prima di Fiordimonte ci facciamo stregare da un prato collinare. Da qua si può ammirare parte dei monti Sibillini, sono dei paesaggi disegnati. La quiete è messa alla prova da un esercito di grilli e dai click della nostra macchina fotografica.
Fino a Fiordimonte è una passeggiata, non c’è neanche bisogno di accelerare e Vespa scivola sull’asfalto. Sulla sinistra: Vico di Sopra. Percorriamo la via maestra che termina in salita sull’uscio di una casa. Potrebbe sembrare l’ora del riposo. Camminando tra case e vie che sfociano su prati incolti ci aspettiamo di incontrare qualcuno da un momento all’altro, che sbuchi dietro quell’angolo o si affacci incuriosito da quella finestra semi aperta. In realtà il paese è vuoto. Tutto è immobile, fermo. Sopra la fontana ci sono due piccole statue che raffigurano due signorotti, sembra che discutano amabilmente facendosi coccolare dall’ombra e dal venticello che si alza proprio mentre il sole se ne sta andando. Uno dei due ha una gamba monca.

Pievebovigliana. Del bar Varnelli, purtroppo, è rimasta solo l’insegna. La piazza centrale, dove non ci sono più le squadre di anziani a sfidarsi alla briscola, è circondata dalla zona rossa e il Bar Centrale è diventato un piccolo container con una veranda. Alla televisione immagini di sport. Fuori due tavoli, un gruppo di ragazzi è all’ora dell’aperitivo. Beck’s e noccioline.
Ragazzi, ma da qui come ci si arriva alla fabbrica del Varnelli? Devi ‘nda’ giù verso la Maddalena a Muccia, non è distante da qui. Ve piace il Varnelli a voi? Il prossim’anno se fa la festa perché se festeggia i 150 anni. Eeeh, meglio dell’Unità d’Italia.
Allora lu’ è ‘n Carabiniere, lu’ il presidente della Proloco e invece quello che sta a arriva’ è el vicesindaco. Ammazza ce so’ le autorità allora. Ragazzi ce siete il 4 e il 5? C’è la festa della birra, la famo giù al campo sportivo.

Ritorniamo verso Fiastra all’ora del tramonto, al paese giriamo a sinistra verso la chiesa di San Paolo. Restiamo incantati di fronte alla vista del lago e dei monti che gli fanno da cornice. A pochi metri un campetto di calcio invaso dalle piante selvatiche, ruggine su pali e traverse.

Francesco Mazzanti e Enrico Mariani

Frammento di una mattina a Mezzavalle

« La fraternità ha delle sfumature»
F. Pessoa, Il libro dell’inquietudine

La spiaggia, quel giorno, a vederla dallo stradello, era bianca immacolata, come se ci fossero miliardi di confetti uno vicino all’altro. Il sole delle dieci picchiava inclemente sulle teste bollenti dei bagnanti, l’acqua era limpida come sa essere, a queste latitudini, in alcune ore della giornata.
Semplice martedì di luglio: un timido turismo colorava la vista di ombrelloni fluo, racchettoni, cappelli, palle e asciugamani.
Presi posto dove la roccia si fa un po’ più alta, un’ombra strettissima mi permetteva di respirare appoggiato alla parete, quasi in piedi. Socchiudendo gli occhi per via del bagliore, notai una piccola sagoma addobbata che si avvicinava verso il mio spazio. Anche lui si era accorto del rifugio.
« Ciao », porgendomi la sua mano tendinosa.
« Fa caldo eh?! ».
« Oggi troppo caldo, no venduto niente ».
Gli offrii una pesca dalla mia borsa frigo, la mangiava con un gusto tale che i suoi occhi riacquistavano vivacità. Rideva, masticava e osservava il panorama, dal Trave fino al Monte, in silenzio. Portava con sé una borsa piena di asciugamani esotici, gli stessi che i frequentatori di Mezzavalle usano per costruire le ombre o per asciugarsi dopo un tuffo.
« Allah…respetto…bravo…tu…bro», mi diceva mentre con le mani indirizzava dei ringraziamenti verso il cielo azzurro. Così iniziammo a chiacchierare.
Disse di chiamarsi Oranzeb e di venire dal Pakistan; era già pronto per la stagione, tutti i giorni dell’estate dalle 8 alle 18 a Mezzavalle, vendendo asciugamani. Sudava e le gocce del suo viso creavano dei fiumiciattoli che sfociavano sulla sabbia.
Fumammo insieme, mi regalò una bandana e rimise in ordine i suoi bagagli. Gli consigliai di utilizzarne uno giallo invece del rosa, per attirare la clientela. Mi salutò e se andò urlando
« Sciuccamanoooo!!! ».
Visto da dietro sembrava un pastore di un presepe, il suo passo cadenzato squarciava lentamente l’aria infuocata della mattina.

Francesco Mazzanti